Menu

Carlo Filippo Follis: BIO & Timeline attività

Un breve racconto della mia vita e una breve carrellata di ricordi sulle mie attività passate, sulle cariche ricoperte, sui progetti gestiti e su tutto quanto ha caratterizzato la mia persona.

Sono nato a Ivrea il 25 febbraio del 1963 nel bel mezzo di un periodo carnevalesco che coinvolgeva tutti gli eporediesi e non solo. Per i festeggiamenti del carnevale di Ivrea erano assenti molti medici della struttura clinica che ospitava mia madre, delle complicazioni legate al parto fecero si che si decise di farmi nascere utilizzando il forcipe per estrarmi; chi utilizzò quell’attrezzo non era preparato a farlo e mi lesionò una parte di cervelletto: la conseguenza fu una tetra paresi spastica permanente.
Mi affacciavo al mondo come maschio e da subito Disabile.

Fino al 1969 ho vissuto i miei primi anni in maniera gagliarda e già convinto di ciò che mi piaceva e di ciò che invece non ero disposto ad accettare. In quel periodo riuscirono a farmi frequentare l’asilo per neppure un giorno, le suore – disperate per come ero peste – chiamarono mia madre che insegnava in una scuola vicino all’asilo che mi riportò a casa; iniziò così un divertente periodo con un susseguirsi di tate.
Ne ebbi diverse, giovani ragazze che erano state perlopiù alunne di mia mamma, di tutte me ne ricordo solo una: quella giovane fanciulla che chiusi fuori dalla porta prigioniera di un balcone posizionato al terzo piano (oggi ringrazio il cielo che era primavera ed erano già arrivati i primi caldi).
Dopo l’asilo, dopo le tate in fuga arrivò nonna Mariuccia, la madre di mia mamma, quella nonna che non chiusi mai sul balcone…

Arrivò l’anno in cui dovevo iniziare le scuole, con il sopraggiungere dei sei anni si doveva iniziare a frequentare le elementari. I miei genitori, pensando al mio bene, vollero farmi frequentare l’Istituto Don Carlo Gnocchi di Milano e più precisamente il Centro di Via Capecelatro.
Una domenica di fine settembre, o inizio ottobre, mi accompagnarono in collegio e iniziai una meravigliosa avventura che durò sette anni. Ad accogliermi c’era la mitica Sig.ra Bianchi con la quale giocavo a calcio balilla mentre salutavo i miei genitori che, tristi, tornavano in direzione Chivasso.
Iniziava un periodo, lungo sette anni, che mi vide ritornare a casa ogni fine settimana, per ogni festa e tutte le volte che era possibile. La varicella e il morbillo aumentarono i giorni trascorsi a casa perché un brava e simpatica Suora pensò di telefonare, per entrambe le occasioni, ai miei genitori affinché mi venissero a prendere per trascorrere la convalescenza a casa.
L’Istituto Don Carlo Gnocchi fece di me ciò che sono oggi, mi fece comprendere che potevo aspirare a tutto escluso l’impossibile. Non mi ero mai fatto dei problemi per essere Disabile, ma certamente quell’Istituto mi forgiò per affrontare una vita che avrei cercato di vivere anziché sopravvivere.

Nella seconda metà degli anni settanta, forse anche un po’ prima, si iniziavano a sentire gli effetti di quei nuovi ragionamenti che provenivano da menti evolute ma inconsapevoli. Si iniziava a parlare di integrazione scolastica, di come i Disabili dovessero frequentare anche loro le scuole pubbliche, quelle cosiddette normali.
Differenti miei amici avevano già iniziato a frequentare una scuola vicina all’Istituto, tutti i gironi un pulmino li accompagnava “in esterno”, in quella scuola che definivamo “normale” come contraltare a “speciale”.
Un giorno un mio carissimo amico infermiere mi diede una notizia: «Dall’anno prossimo anche tu andrai a scuola fuori, contento?»
Lo guardai, sorrisi e subito dopo mi feci annunciare a Padre Mario, Direttore dell’Istituto, che mi incontrò su una panchina del parco. Si fece una bella chiacchierata e alla fine Padre Mario dovette iniziare a gestire una patata bollente che era il mio deciso rifiuto di raggiungere Milano per dover frequentare una scuola pubblica quando potevo rimanere a Chivasso e iscrivermi alle medie di via Blatta.
Ebbi la meglio sull’opinione di tutti, ero deciso a vivere nella mia città anche perché era lì che un giorno sarei dovuto tornare.

Diventai quindi chivassese a tutti gli effetti, o comunque più di prima.
Iniziai e vissi una terza media splendida, con dei compagni strepitosi e certamente più tranquilli di quanto lo fossi io. Seguì il periodo del liceo scientifico che in qualche modo chiuse il periodo fantastico e spensierato di chi frequenta ancora scuole che ti permettono di vivere una quotidianità come inizia a partire dalle elementari.

Giunse il periodo dell’Università. La mia testa era quella di un ingegnere elettronico, ma non potevo frequentare quella facoltà per motivi logistici. Ripiegai su giurisprudenza che non richiedeva la frequenza obbligatoria. La detestavo, era triste, per niente stimolante e dopo due anni in cui mi sentivo “parcheggiato” in quell’ateneo decisi di mollare.

Terminò così il periodo degli studi. Non potevo immaginarmi nullafacente e quindi iniziai a tormentare i miei genitori affinché mi aiutassero ad aprire una attività commerciale. Dall’età di undici anni ero appassionato di trenini elettrici, da qualche anno scrivevo per delle riviste di settore come Fermodel News. Era ora di mettere a frutto il sapere maturato in ambito modellistico e far nascere un’attività che rivendesse trenini elettrici in miniatura.
Dopo mille battaglie, e un’organizzazione gestita in solitaria, il 16 luglio del 1986 al numero 12 di via Roma a Chivasso apriva al pubblico il negozio di modellismo Norisberghen.
Avevo coronato il sogno che ebbi la prima volta da bambino, a undici anni. Ero felice, ma ero anche molto di più: ero un Disabile che era riuscito a farsi strada nel mondo del lavoro mettendo a frutto gli insegnamenti ricevuti al Don Gnocchi di Milano e inculcatimi da quelle persone che mantenevano vivo lo spirito di chi volle la Fondazione Pro Juventute Don Carlo Gnocchi.

Norisberghen fu una bottega che rivendeva trenini elettrici e poi anche modelli di auto, ma ben presto divenne importatrice, distributrice e produttrice di modelli esclusivi.
Problemi famigliari gravosi ne portarono altri e dopo quasi vent’anni di attività Norisberghen chiuse. Fu un’attività che seppe fare la differenza. Questa affermazione trova riscontro nei tantissimi articoli che le vennero dedicati dalle testate di settore italiane ed estere. Forse uno dei momenti che ricordo con maggiore stupore, non me lo aspettavo, fu quando un mio fornitore, ma anche distributore di alcuni miei prodotti, mi mandò le fotocopie di due articoli che ci avevano dedicato due testate giapponesi. Vedere quelle immagini con testi e didascalie scritti in ideogrammi fu appagante ed emozionante.

A Norisberghen seguì un periodo sabbatico. Nel frattempo mi ero trasferito, sempre per problemi di famiglia, da Chivasso a un piccolo paesino abbarbicato sulle colline dell’alto Canavese: Settimo Rottaro.
Avevo scelto di vivere nel paese di mia madre e in quell’antica casa che aveva visto il passaggio di quattro generazioni. Nei primi tempi di Chivasso mi mancarono soprattutto le luci, quelle luci che di sera e di notte illuminavano la città e la sala, perché il loro bagliore entrava dalla grande finestra, da quella stessa dalla quale guardavo la stazione di Chivasso e i treni che vi passavano.

Se mia madre morì nel 1994, nel 2007, a distanza di sei mesi, vennero a mancare nonna Maria e mio Padre. Il 2008 fu impegnativo, si dovevano sistemare alcune inevitabili faccende di famiglia. Iniziai però anche a rivivere la mia passione per il modellismo ferroviario che avevo accantonato da qualche anno.
Nel 2009 iniziai a essere stanco di non fare nulla o di farlo per puro hobby. Curare due Blog e giocare con i miei trenini non mi bastava, non mi bastava più.

Quell’anno decisi di ritornare nel mondo del lavoro in società con un carissimo amico che iniziò a venire nel mio negozio di modellismo ancora bambino, con i calzoncini corti e accompagnato da una famiglia che sembrava “dipinta”, era la famiglia tipo: era una bella famiglia. Purtroppo un bel giorno quella bella famiglia venne travolta da una disgrazia inaspettata: il papà rimase ucciso per un incidente sul lavoro. Il figlio, allora all’incirca sedicenne, diventò adulto in una notte e forse qualcosa in lui si spezzò per sempre facendolo diventare come lo avrei poi conosciuto dopo tante disavventure.

Nacque quindi Ideas & Business che volli come incubator. Dal lavoro di Ideas & Business ebbe vita nel 2010, per cessione di ramo d’impresa, Proto Models che continuò a produrre le linee iniziate da Ideas & Business, prodotti modellistici esclusivi realizzati nella Corea del Sud. Infatti Seoul è famosa per ospitare i più grandi maestri modellisti specializzati nella realizzazione di produzioni in ottone di elevatissima qualità.
Purtroppo ebbi grossi problemi con quell’amico che diventò mio socio. Tant’è che Proto Models nacque solo per l’esigenza di separare l’attività “societaria” da quella che volevo rimesse solo mia: Ideas & Business.
Dopo aver commesso l’errore di creare una società con un amico, commisi il secondo errore: sua moglie mi chiese di ritornare al suo fianco per cercare di portare a termine almeno la prima produzione.
Amavo il mio lavoro, amavo il modellismo, amavo ciò che avremmo creato e amavo ciò che avevo dovuto abbandonare in mani altrui. Spinto da tutti questi sentimenti non diedi retta a chi mi consigliò di lasciare stare perdendo i soldi che avevo investito sino ad allora, ma comunque non altri.
C’erano molti fattori che mi coinvolgevano, non ultimo un’amicizia che non potevo credere condannata così in malo modo. Tornai in Proto Models e bruciando le mie ultime risorse riuscii ad offrire al mercato internazionale le due produzioni che erano state pianificate. Purtroppo l’operato del mio socio fu disastroso e abbinato all’incompetenza dei collaboratori esterni nonché degli sciacalli, che si fecero avanti nei momenti di bisogno, tutto fu destinato alla rovina. Riuscii a chiudere Proto Models in maniera onorevole, senza alcun debito nei confronti di nessuno, ma le mie finanze erano disintegrate anche grazie a chi avrebbe dovuto fare il proprio lavoro ma non lo fece.

Sopravviveva però Ideas & Business. In quel periodo iniziai la relazione con la mia seconda compagna e vari ragionamenti mi portarono a voler diventare Editore. Amavo scrivere, mi ero occupato per anni di pubblicità e impaginati per le mie attività. Volli tentare la via dell’editoria online: nacque così I&B Network che proponeva ImprendiNews.com, DisabiliDOC.it e CILIE che era un portale di servizi correlato alle due testate.
Purtroppo se fu abbastanza semplice costruire il network perché l’investimento era solo di poche migliaia di euro e molto “olio di gomito”, non vi fu mai il decollo perché mancavano le risorse per costruire una rete marketing.
In un’epoca in cui si parlava di sinergie, più di quanto se ne fosse parlato in passato, in un’epoca in cui internet permetteva di sviluppare veramente una struttura di professionisti senza neppure l’obbligo di centralizzare l’attività, mancò proprio ciò che i tempi potevano offrire. Tenni duro, ma il 31 dicembre 2016 decisi di chiudere quella mia seconda e tanto amata attività che era Ideas & Business.

Gli ultimi mesi del 2016 furono atroci, intrisi della consapevolezza che bisognava decidere l’eutanasia di una attività che per te era come una creatura. Quello che però era più straziante fu comprendere quanto il mondo del lavoro era cambiato, come era difficile, o meglio impossibile, ragionare di collaborazioni e sinergie per ottenere reciproci guadagni.
Comunque dopo trent’anni di attività e dopo tanti successi, e anche qualche insuccesso, si è consapevoli del momento in cui si deve dire basta. Quel momento era arrivato.

Si riproponeva il problema di fissare sempre la solita collina che per due stagioni all’anno è verde e per le altre due è grigia, spoglia.
Un bel giorno andai a visitare qualche portale che già conoscevo e altri che scoprii quel giorno stesso. Prima di diventare un imprenditore scrivevo per delle testate specializzate in modellismo ferroviario. Ora che non ero più imprenditore forse mi toccava riprendere in mano la penna per dare un senso alla quotidianità…

Nel gennaio del 2017 un libro di tre racconti, Vittoria ~ L’attesa Vol. 1, sarebbe diventato prima ebook e poi libro cartaceo. Quasi per scherzo sfruttando l’opportunità del Self Publishing ero diventato un Self Publisher.
Il tempo mi dirà se è solo un’avventura di piacere o se la mia letteratura vale tanto da lasciare una traccia e conquistare un pubblico di lettori. Oggi l’unica certezza è la nascita del Progetto Vittoria che raggrupperà sotto una certa logica i primi libri. Ciò che capiterà poi lo vedremo con il tempo.

Questa è la storia, in forma molto breve, di chi nacque il 25 febbraio del 1963 e di chi il 20 febbraio del 2017 avrebbe fatto sbarcare in internet il proprio Blog.

Per saperne di più non vi resta che seguire tutto quanto verrà pubblicato su queste pagine.